Stretta tra i grattacieli di Dubai e di Abu Dhabi, Al ‘Ain è un’anomalia nel panorama degli Emirati Arabi Uniti, per la sua genina rusticità nonostante sia patrimonio culturale UNESCO, sia abitata da oltre 4000 anni e vanti un nobilissimo passato; Al ‘Ain è una tappa d’obbligo per i viaggiatori che vogliono approfondire la cultura tradizionale del Paese, perchè è uno degli ultimi posti dove c’è ancora traccia dello spirito dei popoli del deserto, e anche perchè da qui, patria dell’amato primo presidente Zayed bin Sultan Al Nahyan, sono partiti i primi passi dei moderni Emirati Arabi Uniti. Venendo da Dubai, mia precedente tappa in questo viaggio negli Emirati, il deserto lascia progressivamente il campo al verde, alle sempre pià fite piantagioni di palme da datteri: così si preannuzia l’oasi di Buraymi al cui centro è Al ‘Ain, città giardino, abbondante di acqua che un tempo era la ricchezza principale di una regione desertica, e che sgorga addirittura in calde sorgenti termali che sono diventate una rinomata spa.
La prima tappa in Al ‘Ain è un luogo davvero particolare: il mercato dei cammelli, un enorme spazio aperto dove in diversi stalli gli allevatori beduini portano a vendere i loro esemplari; gli esperti possono possono confrontare, provare, contrattare per aggiudicarsi questi preziosissimi corrieri del deserto, che oggi – potenza della modernità – mi si racconta sono ormai guidati sulle loro rotte da instancabili robot insensibili al caldo e alla sete . Non tutti i cammelli sono uguali: ci sono gli “utilitari” e ci sono i ruminanti da corsa, che costano quanto una Ferrari, e sono protagonisti delle seguitissime corse dei cammelli che sono anche un business importante; una volta l’anno c’è un evento importante legato al mercato internazionale dei cammelli, quando decine di migliaia di questi animali confluiscono qui,mentre tutti gli hotel di Al ‘Ain vengono prenotati per gli ospiti della famiglia dell’emiro. A fianco ai cammelli c’è il minore ma altrettanto interessante mercato delle pecore e delle caprette, dove ho potuto tenere in braccio dei deliziosi capretti di 3 giorni, che ancora faticavano a drizzarsi sulle zampe.
Dopo la pastorizia l’agricoltura, con una rilassante visita ad una piantagione di palme da dattero. Il sistema di irrigazione è il falaj, tecnica che risale all’età del ferro ed è ancora visibile anche in Sicilia, non per niente di cultura araba, e consiste in un insieme di canalizzazioni sotterranee che emergono in superficie e vengono raccolte a scorrere tra due muretti. In questa verde oasi è bello passeggiare nei sentieri ombreggiati, nella pace assoluta; non per niente le piantagioni sono meta di festosi pic-nic da parte degli abitanti locali. Imparo che le palme da dattero hanno bisogno di mota cura, non bastano un clima molto caldo e tanta acqua; così le palme selvatiche non sono fruttifere o danno degli accenni di frutti non commestibili, perchè le piante si distinguono in maschi e femmine e nella stagione giusta hanno bisogno dell’intervento umano per essere impollinate: i coltivatori si arrampicano fin sulla cima con una specie di imbragatura ed una fune gettata intorno al tronco dell’albero, che usano come aiuto per salire a forza di muscoli, cosa impossibile per un non addetto ai lavori, come ho potuto sperimentare. Il risultato sono dei datteri dolcissimi, di una particolare qualità molto apprezzata e tradizionalmente usata per rompere alla sera il digiuno del Ramadan con 3 di questi dolci frutti che danno una sensazione di benessere e sazietà. Spesso in questi giorni siamo stati alccolti con l’offerta di caffè amaro accompagnato per contrasto da alcuni datteri zuccherini. La nostra guida ci accenna alla teoria di Averroè sulla natura calda o fredda dei cibi (che non ha a che vedere con la temperatura ma con una intrinseca proprietà delle singole sostanze) per cui durante i pasti bisognerebbe sempre accompagnare tra loro cibi di natura opposta che si compensano per un’ottimale digestione ed un effetto benefico sul corpo: ecco che l’assunzione dei datteri, di natura calda, compensa un pasto a base di alimenti di natura fredda. E’ una teoria poco nota in occidente, ma varrebbe la pena di approfondire, perchè qualcosa di vero c’è sempre nelle atiche credenze.
Dopo questa sosta ristoratrice è il momento della visita del Mueso Nazionale di Al Ain, simile a quello di Dubai,racchiuso in un tipico castello/fortino di queste parti, dove sono raccolti reperti archeologici, per il vero povere testimonianze della vita preistorica di questi luoghi, ogetti di varie epoche storiche e soprattutto interessanti reperti etnografici, con ricostruzione di ambienti, strumenti di lavoro e di vita quotidiana, oggetti d’arte e di scienza, che tramandano la cultura tradizionale; interessanti sono anche i regali ricevuti da tutto il mondo dallo sceicco.
Soprendente è il palazzo dello sceicco Zayed, una sorta di castello di sabbia che sembra uscito da un gioco di bambini che rovesciano i loro secchielli pieni di sabbia come formine per fare torri coniche a cui aggiungere i merli per decorazione. Il materiale argilloso è più compatto e resistente nei secoli ma l’effetto è proprio quello di un castello da spiaggia.
Era la residenza della famiglia Zayed prima della fondazione degli Emirati e del trasferimento della dinastia ad Abu Dhabi e conserva un suo fascino tutto particolare, testimoniando uno stile di vita certamente benestante e curato, ma piuttosto semplice e naturale, proprio di chi è abituato al contatto col deserto e con i ritmi delle stagioni, diverso dall’ostentata opulenza attuale dei palazzi della capitale. Singolare per noi occidentali è anche l’evidente culto della personalità, con sale dedicate a ritratti ed alberi genealogici della famiglia dello sceicco; l’attuale presidente è rappresentato nell’atto di baciare la fronte del padre in segno di rispetto; a proposito, qui la fisicità e l’espressione pubblica dell’affetto sono un po’ compresse dalle regole della religione e dalla stessa cultura tradizionale, e il saluto dell’uomo alla donna non è neanche una stretta di mano ma un inchino di rispetto; invece gli uomini si salutano tra loro strofinando il naso e le donne dandosi tre bacetti su una guancia. Tornando al culto della personalità della famiglia dello sceicco Zayed, è pur vero che il palazzo è stato donato dallo sceicco e quindi un po’ di autocelebrazione ci sta, ed è anche vero che il padre dell’attuale Presidente di Dubai, il fondatore degli UAE Zayed bin Sultan Al Nahyan, è stato un personaggio molto importante per questa terra, che traghettò con spirito visionario da paese tribale a stato ricco e moderno, e strappò Abu Dhabi al deserto per consegnarla al novero delle metropoli.
Nello stesso stile è l’Al Jaili Fort, un forte di mattoni d’argilla che è uno dei più antichi edifici del Paese. All’interno c’è una mostra permanente dedicata ad un personaggio che non conoscevo e che mi ha davvero colpito: Wilfred Patrick Thesiger, avventuriero e scrittore inglese del secolo scorso, innamorato del deserto e dei popoli arabi tanto da assumere il nome di Mubarak Bin London e farsi considerare un beduino tra i beduini, per sua stessa affermazione forse l’ultimo tra gli esploratori romantici di un tempo. La sua vita avventurosa è da fare invidia, in un mondo ormai troppo omologato dove l’avventura vera è difficimente concepibile, e le sue fotografie di luoghi oggi radicalmente cambiati, come questa foto del luogo di Abu Dhabi dove ormai le auto sfrecciano su un ponte avveniristico, volti di uomini e bambini che appartengono al deserto, la descrizione di usi e costumi ormai consegnati alla storia, sono un’affascinante testimonianza. Peccato che il personaggio sia un cult in particolare per i locali (in effetti sembra che i viaggiatori occidentali quasi lo ignorino) ed i suoi libri si trovino lì solo in arabo.
Pensando a come il mondo si stia trasformando rapidamente, e certamente qui più che altrove lo strappo tra tradizione e modernità è fortissimo, lascio Al Ain per Abu Dhabi, ma butto ancora un occhio cupido sul Jebel Hafeet, il monte dietro al quale si estende l’Oman, sul cui confine Al ‘Ain si trova, perchè l’Oman è ancora un paese molto semplice, uno degli ultimi posti in cui andare per respirare un’atmosfera di altri tempi che presto scomparirà. Ma per il momento mi aspetta tutt’altro: la mia auto è lanciata verso l’ipermodernità e lo sfarzo della capitale degli UAE, Abu Dhabi, mia prossima tappa del viaggio, dove vi do appuntamento.