India – un giorno a Delhi

Quando una città ha quasi 20 milioni di abitanti è difficile coglierne l’anima. Forse ne ha più di una, forse non ne ha più nessuna.

Old Delhi, il nucleo originario del XVI e XVII secolo, con i suoi monumenti moghul e i suoi bazar colorati, è cosa completamente diversa da New Delhi, con i suoi viali ampi creati dagli inglesi, e con gli edifici governativi e le ambasciate, e i quartieri del business dove ormai ci si veste all’occidentale; e poi fuori una fascia di villaggi inglobati e di baraccopoli create per espansione dell’immenso agglomerato urbano. La città stessa è lo specchio delle tante contraddizioni della società indiana.

Dehli non è la più bella delle città indiane,caotica, sporca e inquinata, ma certo è un buon “campo base” per ambientarsi in India ed  ha comunque alcuni imperdibili punti di interesse, che possono essere visitati in una giornata sfruttata intensamente.

Il Tempio Sikh

La nostra guida è un Sikh, un bell’uomo, alto e dall’aspetto fiero, con i capelli lunghi raccolti nel turbante arancione e la curata barba nera. I Sikh da sempre appartengono all’alta casta dei guerrieri, anche se ufficialmente non credono nelle caste ma nell’uguaglianza di fronte a Dio. Quella Sikh è una religione monoteista fondata da Guru Nanak nel XV secolo, con l’intento di liberarsi dall’idolatria e dalle superstizioni, per elevarsi ad una spiritualità più pura con al centro un Dio unico e omnipervadente nella natura; per questo al centro del culto Sick non vi sono immagini della divinità ma il libro sacro, il Guru Granth Sahib, che contiene i precetti filosofici prima ancora che religiosi, della visione del mondo dei Sikh. La visione della  condizione di base dell’uomo non è quella di una creatura affetta da un peccato originale da cui riscattarsi ma di una scintilla divina che nutre consapevolezza di questa sua natura  di incarnazione della Luce.

I Sikh  in passato hanno avuto anche un proprio stato inglobato poi dall’impero inglese, e in seguito  hanno avuto mire indipendentistiche che li hanno portati a forti momenti di tensione con lo stato indiano, culminati nell’espugnazione del Tempio d’Oro da parte di Indira Ghandi, assassinata poi da due guardie del corpo Sikh. Oggi le tensioni sono sopite e i Sick  sono una minoranza di circa il 2% della popolazione indiana, con una forte identità propria di cui vanno molto fieri. Dall’India si sono diffusi in tutto il mondo, questa foto sopra è presa dalle celebrazioni a Roma, quartiere Esquilino, della comunità Sikh.

Non mi sorprendo quindi che la prima meta sia proprio la visita del tempio Sikh di Delhi, il Gurudwara. E’ un imponente monumento bianco con le cupole d’oro,  affacciato su un grande specchio d’acqua e sempre affollato da una moltitudine di fedeli, le donne nei loro abiti multicolori e gli uomini con i loro turbanti. Tutto è molto pulito e ordinato.

All’interno del tempio nessuna immagine di divinità ma il libro sacro, e i fedeli seduti raccolti in grande concentrazione. Per entrare nel tempio, aperto a tutti coloro che, anche appartenenti ad altre religioni, vogliono pregare l’unico Dio,  occorre coprirsi la testa e  camminare scalzi attraversando un passaggio nell’acqua per purificarsi.

Nel complesso del tempio ogni giorno vengono anche sfamate gratuitamente 30.000 persone, senza distinzione di casta o fede religiosa.

Il Tempio del Loto

Le aspirazioni di riconduzione ad unità delle tensioni spirituali degli uomini sono sfociate anche nella costruzione di uno dei simboli dell’India Moderna, il Tempio del Loto, costruito nel 1986 dall’architetto franco-iraniano Sahba per la comunità Baha’i,  con l’aspetto di un grande fiore di loto con ventisette alti petali marmorei, che rappresenta la pace, l’amore e l’immortalità.

Il tempio è come se galleggiasse su nove laghetti che amplificano l’effetto dei petali. Anche qui sono attratti fedeli di ogni religione per la celebrazione dell’unico Dio.

Il Forte Rosso

Ci dirigiamo verso il Forte Rosso (Lal Qila), patrimonio dell’Umanità UNESCO che è considerato il monumento iconico di Delhi. Percorrendo con la macchina il perimetro esterno delle sue lunghe mura rosse ci si rende conto delle dimensioni imponenti di questo complesso.

Dopo aver visto il Forte Rosso di Agra e l’Amber Fort di Jaipur e altre residenze Moghul, tutto sommato ai miei occhi si è molto ridimensionato, ed in effetti colpiscono più le sue dimensioni che la sua bellezza. Il Forte Rosso risale al XVII secolo, epoca Moghul, ed è sia fortezza sia residenza imperiale, con alte porte monumentali, cortili, vari edifici, il palazzo dell’Imperatore con le sale destinate alle cerimonie pubbliche e quelle più “intime” legate alle dolcezze della sua vita privata.

La tomba di Humayun

La tomba di Humayun, anch’essa patrimonio UNESCO, fa pregustare delizie future: questo mausoleo del 1622-1628  è il primo esempio di tomba Moghul, in qualche modo il primo modello di quello stile nel quale fu costruito poi il Taj Mahal.

E’ un complesso di arenaria rossa con cui sono costruite delle porte monumentali e, dietro un giardino quadripartito in cui scorreva un canale d’acqua, che originariamente doveva essere splendido tanto da essere considerato un giardino del paradiso e si estendeva tutto intorno per 13 ettari. In fondo l’edificio di marmo con cupola, finemente intarsiato con pietre policrome. Al centro del mausoleo sono le tombe di Humayun e delle mogli.

In ciclorisciò nel bazar di Chandni Chowk

Il forte è costeggiato dall’immenso bazar di Chandni Chowk, che si estende su una vasta area della vecchia Delhi, tra dedali di viuzze suddivise per zone dalla mercanzia simile. Questo bazar è ancora molto autentico e poco turistico.

Il modo migliore per avere un’idea di Chandni Chowk è di prendere un tuc-tuc, o  ciclorisciò, e farsi un giro lungo le arterie principali, schivando mucche che su sentono le vere padrpne della strada e  carretti che strabuzzano di merci contenute in grossi sacchi, tra case fatiscenti che hanno avuto un miglior passato, nell’epoca coloniale in cui Delhi si trovava in una posizione strategica per i traffici.

Poi però occorre scendere ed addentrarsi a piedi tra vicoli troppo stretti e tortuosi. I colori sono innumerevoli, l’atmosfera è affascinante, ma la sporcizia è tanta e nell’aria olezzano miasmi poco attraenti e ad essere sincera non mi ispira molto comprare dolci, frutta secca e spezie tra nuvoli di mosche .

Da un passaggio coperto si diparte un vicoletto da cui vedo uscire uomini che trasportano grossi sacchi sulla testa e che tossiscono e starnutiscono in modo abnorme; i 40 gradi di temperatura non suggeriscono un’epidemia di influenza. Mi infilo anche io e capisco di essere finita nel vicolo dedicato al commercio del pepe e delle spezie più forti, e anche io inizio a lacrimare e starnutire e non resisto più di un minuto.

Ci sono anche otri di terracotta con un rubinetto e una gavetta di metallo attaccata con una catenella, che costituiscono una sorta di fontanelle pubbliche; me ne guardo bene perchè l’acqua di Delhi contiene una varietà e quantità di batteri pericolosissimi per i non abituati!

La Moschea di Jami Masijd

Mi sono assuefatta ormai a questa atmosfera  un po’ pestilenziale dei vicoli di Delhi vecchia, ma la sensazione di acuisce quando mi addentro nel mercato musulmano antistante alla Moschea Masijid. Si capisce che i musulmani sono qui tra gli strati più poveri della popolazione: strade dissestate, banchetti di roba scadente,  venditori di street food improvvisato, tanti mendicanti e frotte di bambini che ti corrono dietro per cercare di venderti qualche cosina o per chiederti una moneta. Ad ogni modo riesco anche a comprare un anello di latta che sembra un principesco lavoro di filigrana d’oro con rubini: prezzo l’equivalente di 20 centesimi.

In fondo al mercato si erge sontuosa la Moschea di Jami Masijd, la più grande moschea indiana. Anche qui si devono togliere le scarpe ma devo dire che se nel tempio Sikh non ho provato alcun fastidio ad andare a piedi nudi, qui ci vuole un certo stomaco, meno male che permettono di tenere i calzini.

Oltrepassato un portone monumentale si entra in un grande cortile porticato con altre due porte sui fianchi e sullo sfondo l’imponente Moschea con due alti minareti dalla cui cima si gode un bel panorama sulla città vecchia. Intanto il muezzin annuncia l’ora della preghiera ed il suo canto si spande nell’aria fermando per un attimo il brulichio della folla.

Raj Ghat, il memoriale di Ghandi

Delhi mi ha lasciato con un sapore ambiguo. Non so dire se mi è piaciuta,  ho bisogno di dare un senso a quest’anima non purificata che cerca di elevarsi, a queste contraddizioni di grandezza e miseria.

Mi reco al memoriale del Mahatma Ghandi, il semplice monumento commemorativo eretto nel luogo ove arse la sua pira, prima che le ceneri venissero riversate in seno al Ghange, Quest’ultima tappa è il mio tributo ad uno dei più grandi uomini della storia, un’anima così elevata da unire profondità di pensiero, coerenza di vita, capacità di azione. In un grande giardino semplice si percorre, a piedi nudi per rispetto, un sentiero tracciato fino ad una grande lastra di marmo nero con depositati dei petali di fiori e con un fuoco sempre ardente; vi sono incise  le ultime parole pronunciate da Ghandi colpito a morte: “O Rama!”, invocazione a quel Dio di Verità a cui aveva aspirato tutta la vita. Lungo il cammino, frasi pronunciate dalla Grande Anima ciascuna della quali fa riflettere e riempie il cuore. “La vera felicità non viene dal di fuori, viene sempre dal di dentro”, “una parola sgorgata da un cuore puro non è mai detta invano”, “non c’è felicità pari alla verità, non c’è miseria pari alla menzogna”.

Che queste parole e che l’esempio di Gandhi possano sciogliere le contraddizioni e diventare ancora oggi l’anima di questa città e dell’India, ed indicare una via diversa al mondo intero.

2 thoughts on “India – un giorno a Delhi

  1. Davvero incantevole il tempio del loto. Un edificio che rende l’idea di quello che rappresenta. Mi ha subito colpito la foto. Anche se l’India non mi ha mai attirato molto, credo che valga la pena fare una passeggiata tra le sue meraviglie

  2. Se mi chiedessero qual è per me la persona più “significativa” che sia mai esistita risponderei sinceramente Ghandi. Ho consumato la sua autobiografia e spesso mi lascio ispirare dalle sue frasi e dai suoi pensieri.
    Mi piacerebbe moltissimo, quindi, andare a visitare il Raj Ghat. Chissà…

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