Non si può dire di aver visto Roma senza il Colosseo o San Pietro, ma non si può dire di conoscere davvero Roma senza essersi immersi nello storico quartiere Esquilino, così antico da essere ricompreso per buona parte nella Mura Serviane e non in quelle Aureliane, oggi cuore multietnico della capitale ricco di storia ed arte, sensibile termometro delle trasformazioni della società.
All’Esquilino prima o poi si capita per forza a Roma: vuoi perchè si estende a partire dal principale snodo ferroviario di Roma, la Stazione Termini, e quindi per tanti viaggiatori è il primo approccio con la città, vuoi perchè ai suoi estremi si trovano due delle quattro basiliche maggiori di Roma, S.Maria Maggiore e S.Giovanni, vuoi perchè l’Esquilino è un’ottima base per visitare tutti i luoghi importanti di Roma perchè si trova proprio in posizione strategica al centro di tutti gli itinerari turistici che da qui si dipartono a raggera. Questo spiega l’esponenziale aumento in zona dei bed and breakfast di tutti i tipi (da quelli ricavaticci e poco raccomandabili a quelli di gran lusso con straordinarie viste panoramiche). Vale però la pena dedicare del tempo a girare per le vie del quartiere, visitando gli importanti monumenti dell’antica Roma, le basiliche e molte altre importanti chiese che vi si concentrano, ammirando gli armoniosi edifici umbertini ed immergendosi nella vita verace di questo crogiuolo di culture del mondo.
Vorrei proporvi un itinerario circolare con partenza dalla Stazione Termini, che vi occuperà una giornata molto varia.
La Stazione Termini, che viene da pensare si chiami così perchè è la stazione di testa di Roma ma che invece deriva il suo nome dalla vicinanza con le Terme di Diocleziano, è una delle poche stazioni d’Italia che non è stata rovinata dal progetto “Grandi Stazioni”, che ha sventrato gli edifici ferroviari storici per farne degli interni funzionali ma piatti e tutti uguali tra loro. Il restyling della Stazione Termini invece è stato azzeccato: mantiene intatta la caratteristica linea della costruzione originaria del dopoguerra con la sua ardita sinuosa pensilina in cemento armato chiamata dai romani “il dinosauro” (assomiglia allo scheletro di un dinosauro!), ma nel suo piano sotterraneo ospita un vasto centro commerciale, anche con una spa, e ultimamente si è aggiunto, negli spazi dell’ex dopo lavoro ferroviario, sovrastati dalla grande cappa di marmo degli anni ’30, il bel Mercato Centrale Roma, con un ristorante e 16 banchi alimentari di gran qualità di famosi negozi romani, ciascuno dedicato a diverse specialità. Oggi la stazione Termini è stata dedicata a Papa Giovanni Paolo II, il papa viaggiatore per eccellenza, ma tutti continuano a conoscerla con il suo nome storico, e come ricordo del papa si vede solo un terribile monumento nell’antistante Piazza dei 500, per niente assomigliante e molto criticato.
Dalla Stazione uscite sul lato via Giolitti, e attraverso Via Cavour arrivate fino all’ abside di Santa Maria Maggiore. Oggi per ragioni di sicurezza si entra solo dalla facciata principale, ma la basilica è molto scenografica anche dal lato posteriore e quindi vale la pena di girarci intorno. Questo è il punto più alto del colle Esquilino, che a sua volta è il più alto dei sette colli dell’antica Roma; quindi la cima del campanile della Basilica è il punto più alto della Roma antica, anche se l’altezza non si percepisce perchè la pendenza delle strade circostanti è molto graduale. Santa Maria Maggiore è antichissima e semplicemente splendida, nel suo perfetto equilibrio tra imponenza e sobrietà. Si dice che la chiesa originaria fosse stata costruita da papa Liberio sul luogo di una miracolosa nevicata avvenuta il 5 di gosto; da allora in questa data si festeggia la Madonna della Neve, ed è tradizione che nella basilica vi sia una “nevicata” di petali di rosa, mentre la sera giochi di luci e suoni sulla facciata fanno da cornice ad una suggestiva nevicata artificiale.L ‘attuale basilica fu costruita nel 432 da papa Sisto III, e ancora conserva i mosaici paleocristiani in 27 riquadri della navata centrale che narrano storie bibliche, e sono un capolavoro perchè nonostante l’oro sono addirittura prebizantini, con i dettagli cromatici propri del mosaico romano. Alcune curiosità e cose notevoli su cui soffermarsi all’interno della basilica: 1) i cassettoni del soffitto sono stati fatti con il primo oro giunto dall’America, dono del re di Spagna; 2) in una delle cappelle è conservata la lacera bandiera vittoriosa della battaglia di Lepanto, (insieme alla tomba del papa della battaglia, Pio V) che ha deciso le sorti dell’occidente forse più di qualsiasi altro scontro; 3)sotto l’altare maggiore c’è la così detta grotta della natività con un presepio di Arnolfo di Cambio che è uno dei più antichi presepi esistenti al mondo e quelli che si dice siano i resti della culla di Gesù Bambino. 4)S.Maria Maggiore conserva l’immagine della madonna “Salus Populi Romani”, la più importante icona mariana di Roma, visitata in diverse occasioni dal papa per invocare la protezione della Madonna.
5)Non è altrettanto nota, ma a me piace tantissimo per la sua espressione dolce e solenne insieme la statua di marmo della madonna Regina della pace, con la mano imperiosamente stesa in avanti ad intimare la fine dei conflitti,eretta nella navata sinistra per ringraziamento dopo la fine della prima guerra mondiale.
Uscendo dalla Basilica, sul piazzale antistante c’è una colonna con in cima la statua della Madonna, eretta dopo il concilio di Efeso in onore del dogma dell’immacolata concezione.
Imbocchiamo davanti alla piazza sulla destra la stretta via di Santa Prassede, dove si trova l’entrata secondaria, che è l’unica aperta, della Chiesa di Santa Prassede. E’anch’essa una chiesa molto antica, che passa inosservata dall’esterno perchè soffocata tra gli edifici, ma all’interno conserva mosaici bizantini stupefacenti e la colonna del pretorio romano di Gerusalemme (e questo è appurato) a cui si dice sia stato legato Gesù per la flagellazione (questo è legato invece alle credenze di devozione).
Percorriamo via Carlo Alberto, un’ampia via alberata che congiunge Santa maria Maggiore a Piazza Vittorio. Sulla sinistra, circa a metà della via si trova il Russicum, collegio seminario per la formazione dei sacerdoti russi durante il periodo della persecuzione sovietica, reso noto dall’omonimo celebre romanzo di spionaggio e probabilmente al centro di intrighi internazionali al tempo della guerra fredda, con l’annessa chiesa cattolica russa di rito uniate; se si ha la fortuna di trovarla aperta, si è investiti da nuvole di incenso immersi nella penombra dorata del suo interno tutto rivestito di icone.
Più avanti, sulla destra della strada un piccolissimo tratto di mura incastonato in un palazzo è ciò che resta delle Mura Serviane, e rappresenta il confine del più antico nucleo di Roma.
Pochi metri oltre sulla piazzetta di San Vito si affaccia l’omonima chiesa (non particolarmente interessante), e a fianco l’Arco di Gallieno, anche detto Porta Esquilina, un arco romano mirabilmente conservato e poco noto, appartenente alla cinta più antica delle mura serviane; l’arco originario in tufo fu interamente ricostruito in travertino sotto Augusto, quando ad opera di Mecenate tutto il quartiere fu bonificato e divenne, da luogo malfamato di osterie e prostitute a sede di ville lussuose; la dedica all’imperatore Gallieno che gli dà il nome appartiene al successivo restauro nel 262 dc, con intenti di adulazione da parte di un prefetto. A fianco c’è una fontanella di pietra molto apprezzata dai romani, da cui sgorga freschissima “acqua vergine”.
Proseguendo per Via Carlo Alberto raggiungiamo Piazza Vittorio. Il suo nome completo è Piazza Vittorio Emanuele II, ma tutti la chiamano con la prima parte del nome. Piazza Vittorio, circondata da palazzi umbertini tutti porticati, era il cuore elegante della Roma di fine ‘800, neocapitale del Regno d’Italia che necessitava di nuovi spazi abitativi per l’intellighenzia piemontese che vi si era trasferita per le esigenze di politica e di amministarzione; del resto un po’ tutto l’impianto architettonico dell’Esquilino di oggi deriva dalla pianificazione sabauda e ricorda un piccolo angolo di Torino; fino agli anni 80 si conservavano ancora quelle bellissime insegne di legno tipicamente piemontesi delle numerose botteghe artigiane e dei negozietti tradizionali che poi hanno lasciato il posto a varie ondate di commercianti stranieri. Poi nel dopoguerra la piazza pian piano decadde, forse a seguito dell’incuria nella manutenzione dei palazzi, forse per l’installazione del più famoso, frequentatissimo mercato alimentare al minuto di Roma, che offriva una grande varietà di prodotti e costituiva una siepe di chioschi stabili che nascondevano completamente agli occhi i giardini, che nel frattempo diventavano covo di spacciatori e piccola delinquenza o semplicemente di sbandati, il tutto tra la puzza dei mal ripuliti residui organici di pesce, pollame, frutta e verdura. Ricordo ancora i polli spennati sul posto o le vasche con i capitoni, i baccalà appesi ad essiccare, gli strilli dei popolani romani che avevano i loro banchi nel mercato così affollato che si camminava facendosi strada a gomitate tra le due file di bancarelle. Poi la svolta nei primi anni 90: il mercato fu chiuso e trasferito poco lontano, nell’edificio storico dell’ex centrale del latte, il giardino di Piazza Vittorio fu ripopolato con le originarie specie di alberi ad alto fusto, tra cui splendidi cedri del libano, e messo in sicurezza da una cancellata che si chiude al tramonto, i palazzi porticati furono tutti restaurati e la piazza riqualificata. Il nuovo mercato Esquilino merita ancora una visita, perchè è un mercato multietnico in cui si trovano prodotti alimentari da tutto il mondo, anche quelli che non vedrete mai nei negozi specializzati in delicatesse estere.
Nei giardini di Piazza Vittorio, sul lato sinistro, incontriamo un singolare monumento velato da un alone di mistero: la Porta Magica, o porta alchemica. Era la porta di Villa Palombara, la residenza seicentesca di Massimiliano Palombara, marchese di Pietraforte. Altre quattro iscrizioni occulte nella villa sono andate perdute, ma sull’architrave della Porta Magica, che si apre tra le sculture di due effigi del dio egizio Bes, insieme a diverse altre scritte dal significato esoterico e simboli cabalistici, sono scolpiti dei simboli misteriosi che forse indicano la formula della pietra filosofale, in grado di trasformare il vile metallo in oro. . Si narra infatti che il marchese, alchimista alla corte di Cristina di Svezia e rosacrociano, intendesse celebrare la riuscita di un clamoroso esperimento alchemico: secondo la leggenda avvenen che un misterioso pellegrino chiedesse ospitalità per una notte nei giardini della villa Palombara alla ricerca di una certa erba, e alla mattina scomparisse misteriosamente lasciando alcune pagliuzze d’oro e un foglio con simboli magici della formula della pietra filosofale, che però nessuno riuscì mai ad interpretare. Il marchese allora fece incidere i simboli magici sulle porte della villa, e se volete cimentarvi con l’enigma non avete che da visitare la Porta Magica.
Sempre nei giardini della piazza si trova un altro monumento romano, i Trofei di Mario, che in realtà con Caio Mario non hanno nulla a che vedere ed erano una fontana monumentale e una vasca per raccogliere l’acqua che faceva parte del sistema degli acquedotti. Vicino si trova anche una fontana di inizi 900 dello scultore Mario Rutelli (il nonno dell’ex sindaco!) a dire il vero non particolarmente riuscita, che i romani chiamano “il fritto misto”.
Da Piazza Vittorio imboccchiamo Via Principe Eugenio per una sosta ad un’istituzione del quartiere: il Palazzo del Freddo, la storica ottocentesca sede della gelateria Fassi, sempre affollata anche durante l’inverno (tra parentesi oggi in mano ai coreani, anche se non si nota la differenza); da provare i suoi “sampietrini” gelati. Camminando col gelato in mano facciamo una piccola deviazione a sinistra, per via Pietro Micca, in fondo si trova il sito archeologico del Tempio di Minerva Medica, imponente costruzione romana a cupola, che in realtà non era un tempio ma forse un ninfeo, oggi semidistrutta e soffocata tra stazione termini e alcuni palazzi.
Tornando sui nostri passi e imboccando la continuazione di Via Principe Eugenio, che è via di Porta Maggiore, arriviamo all’altro capo del quartiere Esquilino, Piazza di Porta Maggiore, da dove si dipartono le vie consolari Prenestina e Casilina. In tutta l’aerea ci sono tanti monumenti interessanti e spesso visitabili solo su prenotazione e con gruppi specialistici: sono colombari, ipogei e una interessantissima basilica sotterranea. La Porta Maggiore, nata come arco trionfale, fu incorporata nelle mura aureliane (come vedete tra la cinta delle mura serviane e quella delle mura aureliane non c’era poi tanta distanza) e più volte rinforzata e rimaneggiata secondo il gusto dei diversi tempi. Sulla piazza è situato un monumento unico, la tomba romana del fornaio Eurisace e di sua moglie, struttura di travertino che riproduce gli elementi di un forno con i buchi rotondi ove si impastava la farina, i sacchi per contenerla, un fregio che rappresenta le varie fase della panificazione, l’urna a forma di madia per il pane; il ritratto dei due coniugi si trova invece ai musei capitolini. La basilica sotterranea di Porta Maggiore è molto interessante ma è difficilissimo visitarla, occorre una lunga prenotazione e sono ammessi piccoli gruppi in certe domeniche, ad ogni modo è una basilica neopitagorica la cui volta è tutta decorata con stucchi a tema mitologico e misterico, come il destino dell’anima e i riti iniziatici; per questo si è attirata la fama di luogo misterioso dedito ai riti magici o persino infestato dai fantasmi.
Sulla destra imbocchiamo via Statilia, caratterizzata da piccole villette liberty che nacquero come case popolari per i ferrovieri e oggi sono ricercatissime prestigiose abitazioni; in via Statilia si trovano anche diverse tombe romane di epoca repubblicana. Sbuchiamo su via Emanuele Filiberto, quindi giriamo a sinistra in Viale Manzoni. Da qui possiamo fare sulla sinistra una piccola deviazione per Via Tasso, dove si trova il Museo Storico della Liberazione, nel palazzo che fu famigerato luogo di tortura di partigiai, poi tornando su Viale Manzoni giriamo a destra in Via Merulana, che è il confine occidentale dell’Esquilino, via che congiunge San Giovanni in Laterano a Santa Maria Maggiore, miracolosamente rimasta quasi interamente con i negozi italiani. Lungo la via Merulana su prenotazione ma senza lunghe attese possiamo visitare l’auditorium di Mecenate, Si tratta di una grande sala rettangolare seminterrata con un’abside, forse con funzioni di nifeo, che faceva parte della villa di Mecenate, che doveva essere molto sontuosa, perchè non era raro che l’imperatore Augusto si fermasse lì a dormire presso l’amico. Vi consiglio una sosta davanti alle vetrine della storica panetteria Panella, dove trovano posto pani lavorati a tema che sono capolavori d’arte; alla sera nella piazzetta dalle aiuole sempre curatissime viene servito un gustoso aperitivo.
Poco più avanti sullo stesso lato al numero 219, c’è il palazzo degli ori, dove è ambientato il famoso romanzo di Emilio Gadda “Quer pasticciaccio prutto de Via Merulana“.
Dall’altro lato della strada, c’è il Teatro Brancaccio, in gran parte dedicato a musical, spettacoli di varietà e balletto, e più avanti, dentro al Palazzo Brancaccio,il Museo Nazionale di Arte Orientale, dedicato alle arti mediorientali e asiatiche. Girando in Via dello Statuto è d’obbligo una “pastarella”, come si dice a Roma, soprattutto il famoso bignè allo zabaione, nella antica pasticceria Regoli. Da lì, percorrendo l’altro lato di Piazza Vittorio torniamo a Santa Maria Maggiore e per Via Gioberti alla Stazione Termini.
Durante il vostro giro non avrete fatto a meno di notare la natura multietnica dell’Esquilino. Questa stratificazione culturale è iniziata negli anni ’90, quando il quartiere piemontese incominciò a modificarsi profondamente. Arrivarono diverse ondate di immigrazione; prima arrivarono molti commercianti ebrei profughi dai pesi arabi di provenienza; la loro presenza si notava poco perchè si integravano molto bene con una preseza ebraica di lunga tradizione, ma al contrario degli storici negozi ebrei di qualità che vendevano stoffe, abbigliamento, mobili, abiti da sposa, i nuovi esercizi commerciali erano in gran parte negozi di bigiotteria all’ingrosso, e paradossalemente i clienti principali erano arabi che ne facevano poi piccolo commercio al minuto; la presenza sinergica di ebrei e arabi era uno strano miscuglio di reciproca diffidenza e complementarietà; quando iniziarono a scomparire gli uni diminuirono anche gli altri; arrivò poi un’ondata indiana, e nella piazza Vittorio per diversi anni furono celebrate colorate feste sick aperte ad una popolazione locale curiosa della novità; verso la stazione Termini invece si ritrovavano gli immigrati filippini, specie il giovedì che era il tradizionale giorno di libertà per i lavoratori domestici, e si consumavano persino incongrui barbecue collettivi nel traffico metropolitano. Nelle vie più vicine alla Stazione si concentrava la presenza africana, con negozi di artigianato etnico. Poi finì anche questo, e arrivarono loro, i cinesi, si dice concentrati da Rutelli per salvaguardare il resto della città, si dice finanziati dalla Cina per colonizzare la caput mundi con una China Town che qui ancora mancava, insomma si dicono tante cose, fatto sta che pian piano i bei negozi tradizionali sparirono, liquidati dai nuovi arrivati asiatici in soldi contanti con offerte così laute da non potervi rinunziare (per questo paradossalmente il valore delle case e dei negozi della zona salì molto!) ed iniziarono a spuntare negozi tutti uguali con esposti pochi vestiti o scarpe da ginnastica da campionario, con scritte incomprensibili in solo cinese e sempre vuoti. Forse arrivò la mafia gialla, sicuramente la criminalità comune diminuì molto sotto il controllo della comunità cinese, una comunità molto ordinata che non dava fastidio ma che rimaneva un po’ un corpo estraneo rispetto al tessuto sociale del quartiere.
E oggi? Oggi il tempo e l’attitudine tipica della Roma popolare ad assorbire tutto incominciano a fare il loro effetto. I negozi cinesi si stanno diversificando, ci sono le parafarmacie, i ristoranti di cucina europea, le agenzie di viaggi, enoteche, profumerie, elettronica e telefonia, negozietti che vendono un po’ di tutto come erano un tempo le drogherie dei paesi, accettano le carte di credito e fanno tendenzialmente lo scontrino fiscale. I ragazzi cinesi di seconda generazione, che sono nati e cresciuti qui, sono integrati e parlano romanesco.
L’Esquilino con tutta questa varietà di etnie e culture a volte embra così poco Roma e tanto Asia, Africa, Medio Oriente, eppure non c’è niente che rifletta meglio come deve essere stata la Roma antica. Mi spiego: delle glorie della Roma imperiale ci sono rimasti splendidi monumenti, peraltro molto diversi da come dovevano essere un tempo, a falsare un po’ l’immaginario collettivo dello shape della città. Roma antica era caotica, con le strade strette tra i palazzi, il traffico delle carrozze, gli odori e la confusione dei mercati, la babele di lingue parlate e urlate da un popolo multietnico che non si sentiva mai straniero, ma romano in quell’eccezionale elemento di comunione che era la cultura, il diritto, la tradizione. L’Impero Romano,e Roma che ne era la sintesi, era tollerante delle religioni, incurante dei colori della pelle, inclusivo. Eppure non era uno statarello colabrodo, era il più solido impero che sia mai esistito al mondo.
Bellissima idea di itinerario a Roma! Girando per l’Esquilino si può scoprire la Roma Antica, la Roma Cristiana e la Roma contemporanea, e tutto oltre i soliti itinerari turistici già stranoti. E per la sosta gastronomica, oltre ai vari ristorantini etnici, c’è la storica gelateria Fassi!
Leggendo questo post mi rendo conto di quanto poco conoscono Roma (la mia città)!
Non sono mai stata al Museo Nazionale di Arte Orientale, all’auditorium di Mecenate o alla basilica sotterranea di Porta Maggiore. Credo che non basterebbe una vita per vedere Roma! Seguirò il tuo itinerario grazie per i consigli! 🙂