I più anziani lo associano alla regina Elena, quelli della mia generazione hanno qualche difficoltà a collocarlo geograficamente nello spacchettamento dell’ex Jugoslavia, la generazione multimediale lo abbina allo spot televisivo dell’ omonimo amaro. Il Montenegro è uno dei Paesi europei che fortunatamente si conosce ancora poco, e dico “fortunatamente” non perchè non valga la visita, ma per il motivo esattamente opposto: in un mondo di turismo massificato, il Montenegro custodisce delle perle paesaggistiche che conservano ancora un fascino fuori dal tempo, degli angoli di splendida natura su cui aleggiano però già le ombre di una speculazione edilizia abbastanza scriteriata e di un abbordaggio delle navi da crociera che sbarcano migliaia di persone in borghi che di anime ne contano poche centinaia; a questi standard purtroppo ci si abitua in fretta, e al di là di prezzi nettamente differenti tra servizi “per turisti” e “per locali”, la paura è che si snaturi presto lo spirito dei luoghi, per cui vi consiglio davvero di trascorrere ora una settimana di pura serenità tra le tante mete di interesse che questo Paese offre.
Il Montenegro si visita facilmente spostandosi con l’automobile, le distanze sono brevi e le strade che collegano le principali località sono buone. Così dall’aeroporto di Podgorica guidiamo verso la costa facendo la nostra prima tappa sul lago Skadar (lago di Scutari, per chi ama chiamarlo ancora con il nome italiano dato dai Veneziani), il più grande lago dei Balcani, alimentato da 50 sorgenti e diversi fiumi, e per questo con le acque fresche e trasparenti. Il punto più bello per accedere al lago è Virpazar, paese così piccolo che non ci si accorge nemmeno di essere arrivati; a Virpazar ci sono strutture turistiche molto elementari, alcuni bar-ristoranti in cui però è piacevolissimo fermarsi a gustare il tipico prosciutto affumicato del Montenegro e le ottime varietà di formaggio, accompagnati da ottima birra locale, dare un’occhiata all’unico monumento ai caduti della guerra mondiale, e poi prendere una delle tante barchette di legno coperte con il barcaiolo che per un prezzo ragionevole vi guiderà attraverso i luoghi più suggestivi del lago per diversi itinerari che variano dall’una alle cinque ore. Vi consiglio il giro di due o tre ore, sufficiente a cogliere gli scorci più suggestivi, ad avvistare tante specie di uccelli e anche a fare una sosta in una caletta del lago per un bel bagno rigenerante. La cosa particolare del lago di Skadar sono le ninfee, centinaia di migliaia di ninfee dai fiori bianchi o gialli che ricoprono vaste aree della superficie dell’acqua creando verdi prati galleggianti molto suggestivi. Su un’isoletta dono i ruderi di un’antica prigione, sulla costa altri diroccati edifici minori,ma è la natura a fare da padrona. Il lago è molto frequentato dai locali, che vanno a fare qui il bagno quando le condizioni del vento sulla costa adriatica non sono ottimali; del resto è così grande che sembra un mare.
Nemmeno un’oretta di viaggio e siamo a Petrovac, sulla costa del Montenegro, che percorriamo in direzione Budva, passando a fianco di decine di calette con spiagge dorate, non più così selvagge come doveva averle viste Byron quando indicò questi luoghi come il posto più bello dove la terra incontra il mare, ma comunque molto belle. Ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche: dalle spiagge segrete immerse tra gli ulivi secolari e raggiungibili solo dal mare a quelle attrezzatissime e sommerse dagli albergoni della movida notturna che deturpano il paesaggio (e altri sono ancora in costruzione). E poi c’è un posto unico nel Mediterraneo, Sveti Stefan, un’isoletta collegata da una strada e da una sottile striscia di sabbia alla terraferma, con un intatto borgo in stile veneziano trasformato già all’epoca di Tito in resort di lusso, oggi albergo diffuso tra i più esclusivi al mondo, frequentato da numerose celebrità. Per curiosità ho provato a vedere i costi: alloggio minimo di due notti al prezzo di poco più di 3000 euro. Le foto da lontano sono gratis, e quindi mi sbizzarrisco da vari punti di osservazione prima di proseguire per Budva.
Budva è un gioiellino veneziano sul mare. Non tutta Budva, che si è largamente estesa con tutti i danni di una rapida espansione, ma Stari Grad, il centro storico di Budva, quello piccolino e stretto nelle originarie mura difensive, intatto e vivace di giorno e di notte.
Budva è invasa dai turisti, che affollano le sue viuzze piene di negozietti, le sue piazze che ospitano ristoranti e bar con i tavolini all’aperto all’ombra dei monumenti e palazzi del passato veneziano. Qualcuno la paragona a una piccola Dubrovnik, io l’ho trovata molto diversa, meno magnificente e piu’ raccolta, anche se affascinante proprio per le su dimensioni ridotte, da borgo medievale. Si può camminare sulle sue mura di cinta, visitare il palazzo-fortezza della cittadella e farsi fotografare sui suoi cannoni, visitare il museo archeologico che ricorda che Budva fu anche romana, bizantina, brevemente ottomana, serba (i posti belli li sanno riconoscere tutti i popoli!). Da visitare anche diverse chiese, cattoliche e ortodosse, raggruppate tutte in un fazzoletto di spazio.E poi, gira e rigira, ci si ritrova sempre ad ammirare il mare, che circonda la penisoletta di Stari Grad, e offre splendidi panorami da ogni lato. Davanti a Budva c’è l’isolotto verde di Sveti Nicola, acque cristalline come Sveti Stefan, ma niente resort esclusivi che impediscono la visita. E c’è anche una bella spiaggia che si insinua fino alle mura, dove godersi la natura più bella proprio in città. Del resto a pochi km c’è la vasta spiaggia di Becici, che è stata soprannominata la spiaggia più bella d’Europa, tra palme e vegetazione mediterranea, a mio parere un po’ troppo affollata e piena di servizi, ma certo l’ideale per chi vuole fare sport acquatici di tutti i tipi e iniziare già di giorno la famosa movida di Budva. Ci sono ben 17 spiagge, per tutti i gusti, in lunga parte stette tra mare e ristoranti e bar, ma alcune ancora accessibili solo dal mare.
Per i casinò, che sono diventati un’attrattiva di tutta ala costa montenegrina, e per le numerose discoteche bisogna spostarsi nella parte più moderna e luccicante di Budva, che sinceramebte non mi interessa granchè. Gli italiani non mancano mai da nessuna parte, ma intorno a me sento soprattutto lingue dell’est, russi e ucraini. I costi, sbandierati come da pacchia, non mi sono sembrati così bassi. Sicuramente esistono molti localetti a buon mercato, ma per una mangiata di pesce fresco, per l’onor della cronaca veramente ottimo, in un bel ristorante, il conto è stato italianissimo.
Ripartiamo in macchina verso le Bocche di Cattaro, il più grande fiordo del mediterraneo. Anche per arrivare lì le distanze e i tempi di percorrenza sono minimi, il Montenegro ha dimensioni a portata di gradevole turismo itinerante. La principale cittadina che si affaccia sul fiordo è Kotor (Cattaro), che è stata una splendida sorpresa. Bella, bella, bella, un gioiellino ancora intatto, elegante nel suo fascino antico e meno contaminato dal turismo discotecaro, perchè le sue spiagge sono meno note, anche lei veneziana, anche lei ricompresa nelle antiche possenti mura che la difendevano sia dal mare sia dagli eventuali attacchi provenienti dall’alta montagna alle sue spalle, arrampicandosi con varie cinte di bastioni fino alla sua sommità. Di giorno le mura si confondono quasi con la montagna, di notte sono tutte illuminate come una lunga processione che salga su fino alla cima.
Su un lato delle alte mura è seduta una gigantesca bambola di cartapesta, una sorta di Pippi Calzelunghe, ricordo del famoso carnevale fuori stagione di Kotor. Sulla porta principale troneggia il leone di San Marco, mentre nel passaggio delle mura c’è scolpita nella pietra una bella madonna medievale. Dall’altro lato un negozietto di souvenir esibisce affacciata ad una balaustra una coppia di pupazzi ad altezza naturale raffiguranti due vecchietti in costume tradizionale montenegrino. Ma ecco che subito dentro la cittadina mi imbatto in un vero gruppo folcloristico di ragazzi e ragazze in costume che si sta esibendo in un tradizionale balletto rurale e in canzoni tipiche un po’cantilenose ma piuttosto gradevoli.
Lo scenario è una piazza ampissima, tutta di acciottolato di marmo lucidato dal passaggio si secoli di scarpe, con bei palazzi, caffè e ristoranti all’aperto. Qui si affaccia anche il nostro hotel, un antico palazzo nobiliare senza ascensore ma con ambienti ben arredati e servizio curato (sarà una stupidaggine ma un cocktail di benvenuto, un cioccolatino sul cuscino e una merendina in omaggio per la bimba in stanza fanno la differenza) e soprattutto una deliziosa loggia dove viene servita la colazione. Visitare Kotor è perdersi nelle sue viuzze, sbucare in piazzette sempre nuove come i campielli veneziani, scoprire tantissime chiesette antiche tutte diverse le une dalle altre, tra cui spicca la cattedrale romanico-bizantina di San Trifone.
Kotor è piena di gatti, stesi a prendere il sole tra i monumenti, affacciati dalle vetrine dei negozi, in attesa di qualche bocconcino vicino ai ristoranti, così orgogliosamente esibiti dagli abitanti del luogo da essersi addirittura meritati un museo: il piccolo “museo del gatto” non è paragonabile a quello molto più degno di questo nome che da brava gattara ho visitato ad Amsterdam, ma è comunque simpatico da visitare ed espone una bella collezione di cartoline antiche d’autore raffiguranti gatti e le copertine illustrate delle riviste d’epoca con gatti come protagonisti di episodi di cronaca.
Ci sono anche interessanti negozi di antiquariato, che vendono un po’ di tutto del ricchissimo passato di questi luoghi, a partire dalle monete romane fino ad arrivare ai cimeli titini. Anche a Kotor ottimo, freschissimo e non economico pesce, da gustarsi nei tanti ristoranti che occupano suggestivi angoli della città, con ottima e invece economicissima birra locale.
Ci fermiamo a chiacchierare con un ragazzo italiano trasferitosi a vivere qui con moglie e figlia aprendo un localetto da aperitivi, entusiasta delle opportunità che questa città, sia pure inizialmente un po’ chiusa e restia nei confronti degli stranieri, offre invece se ci si riesce ad integrare nel tessuto sociale; tanto di cappello per la sua scelta coraggiosa di lavorare nella vivace Kotor vivere nell’entroterra, fra i boschi incontaminati dove d’inverno è silenzio e immersione totale nella neve, con lupi ed orsi ed una natura mozzafiato.
La mattina dopo usciamo dalle mura di Kotor e con la macchina partiamo per esplorare le rive delle Bocche di Cattaro; si può scegliere di fare un giro turistico via acqua, ma andare in auto autonomamente dà la possibilità di godere di un più ampio paesaggio dall’alto e di seguire i propri ritmi e fermarsi nei posti più belli a godersi quegli attimi di meraviglia che particolarmente qui verrebbero rovinati dalla presenza di grossi gruppi. La nostra prima meta è il paese di Perast, un vero piccolissimo cameo che si affaccia sul fiordo con le sue case antiche, alcune delle quali in romantica rovina coperte di edera; i caratteristici tetti rossi si riflettono sul mare azzurrissimo. Perast è chiuso al traffico, si lascia comodamente la macchina in un parcheggio e si scende per una piacevole passeggiata sino al paese. La vera attrazione di Perast sono i due incantevoli isolotti che vi sorgono proprio di fronte; il primo, con un’antica costruzione circondata da cipressi che lo fa sembrare una versione serena e in miniatura dell’isola dei morti di Böcklin, è un monastero, proprietà privata della chiesa e non vi si può approdare. Invece con una piccola barchetta a motore dove entriamo giusto noi tre, possiamo visitare la seconda minuscola isoletta su cui sorge il romantico santuario di Nostra Signora delle Roccie, con l’omonima icona oggetto di venerazione dei marinai che le hanno dedicato numerosi ex voto esposti in un piccolo museo. Anche a Perast non mancano imperdibili ristoranti di pesce. Per fare il bagno non ci sono spiagge attrezzate, ma il mare è così limpido che ogni posto è buono, sia nel paese che lungo la stradina ombreggiata dai pini che scende ad esso.
Turisti pochi, turisti italiani nessuno, una vera meraviglia. Immaginate il mio sgomento quando in tanta idilliaca pace sento una caratteristica sirena di nave: una grossa nave da crociera MSC è entrata nelle Bocche di Cattaro e minaccia di scaricare migliaia di turisti assatanati proprio qui. Ma per fortuna non ci sono porti in grado di contenere quei mostri, e il grattacielo ambulante si limita a deturpare l’orizzonte per un minuto.
Proseguendo il giro sulle rive delle bocche di Cattaro giungiamo a Risan. Il paese sarebbe anonimo, se non nascondesse una storia plurimillenaria (già insediamento illirico menzionato nel III secolo a.C., poi fiorente città romana dal II al V secolo d.C.) che ha lasciato le sue testimonianze in un’attrazione molto interessante: una grande villa romana tutta pavimentata di splendidi mosaici, tra cui spicca l’unica rappresentazione esistente al mondo del dio Hypnos, il dio del sonno, adagiato come su un triclinio, con le ali da una delle quali emerge un secondo volto d’ombra che secondo la legegnda solo nel sogno della gente si può vedere. Sempre a Risan la scoperta di un otre colmo di monete tutte uguali tra loro e prima mai conosciute ha permesso di ricostruire l’esistenza di un antico regno esistente molto prima dell’epoca romana.
Non ci resta che tornare verso Podgorica, ripercorrendo per comodità la strada gradevolissima e rapida fatta all’andata, scartando un’altra via, indicata come molto suggestiva per il paesaggio ma una delle più pericolose d’Europa che si inerpica per le montagne stretta e a picco sui dirupi. A Podgorica, nonostante ci sia solo il tempo di una cena, l’ultima piacevole sorpresa di questa terra: ci viene suggerito un locale con cibo tradizionale frequentato dai locali, e l’impatto è pessimo: una coltre di fumo di sigarette qui ammesse avvolge i tavolini con tovaglie che recano i segni di antiche macchie, ma nel giardino l’atmosfera è molto più piacevole e la cena fantastica: una delle zuppe più buone mai mangiate in vita mia, seguite da un gulash da leccarsi letteralmente le dita, spiedini di filetto altrettanto buoni e un gran vassoio di dolci tipici di stile balcanico/mediterraneo, il tutto annaffiato da tre boccali di birra, conto totale €20 per tre persone; insomma esiste un Montenegro non turistico che è tutta un’altra cosa, e tutti e due i mondi sono da scoprire.