Quanto di più lontano dalla ferocia della guerra che l’ha devastato, il Vietnam è un luogo dove la bellezza della natura si fonde alla delicatezza di un tenace popolo contadino
PARTE I: IL VIETNAM DEL NORD
Giorno 1- Hanoi
Mentre l’aereo si prepara ad atterrare ad Ha-noi e sorvola a bassa quota il territorio vietnamita la mia mente ripercorre i miti cinematografici di guerra che costituiscono la comune idea made in USA del Paese, e quando scendo al suolo e annuso un po’ di avion tipico degli aeroporti nella la piacevole tiepida aria primaverile che contrasta con il freddo lasciato in Italia mi ritrovo a pensare con macabra ironia ad Apocalypse Now:: “mi piace l’odore del napalm la mattina”.L’itinerario che ci accingiamo a percorrere, con mio marito e con Giulietta che ha appena compiuto 2 anni ed è già un’incallita globe trotter, è molto intenso e vario, perchè in 15 giorni percorreremo tutto il Vietnam da nord a sud, alternando le tappe classiche a momemti di scoperta di aspetti insoliti ed autentici del Paese. Ci attende in aeroporto la nostra guida, “Pepe”, un ragazzo molto giovane, preparato,garbato e dolce, che si è laureato in lingua italiana ed ha vissuto per un po’ a Catania (che come clima non deve differire molto da qui). Mentre ci conduce all’hotel ci avverte che ad Ha-noi non c’ è nessun pericolo di furti e violenze ma lo sport più popolare è la caccia ai pedoni da parte dei motorini; sorridiamo con sufficienza, signori veniamo dall’Italia, mica da Londra! Ma quando arriviamo in città il primo impatto è impressionante: a causa di una politica di tassazione di oltre il 100% delle autovetture, gran parte della popolazione ha ripiegato sull’acquisto di un motorino, e così Ha noi, che fa oltre sei milioni di abitanti, è invasa da uno sterminato e continuo flusso di motorini che sfrecciano per le vie ad alta velocità ed assolutamente incuranti di qualsiasi semaforo, striscia, segnale,così come della presenza di quadrupedi o bipedi non motorizzati che tentano di attraversare la strada, pur anche con passeggino al seguito. D’altro canto sui marciapiedi è impossibile passeggiare con continuatività perchè altrettanti motorini vi sono parcheggiati nel più assoluto disordine. Napoli gli fa un baffo. L’unico modo di muoversi è quello di comportarsi nello stesso modo e senza badare ai segnali attraversare la strada con andatura costante in modo che i motorini possano calcolare il punto di impatto e aspettare che,bontà loro, ci scanzino nella loro gimcana. Pare che funzioni perchè sono qui a raccontarlo. Hanoi è una città di impronta francese, con larghi viali ed una città vecchia con graziose case coloniali, in cui si mischiamo elementi dell’architettura tradizionale vietnamita fatiscenti ma fascinose, incredibilmente ben conservata nonostante i pesantissimi bombardamenti subiti. Molte case hanno una facciata stretta e poi si espandono in profondità,da cui il nome di “case di galleria”; l’origine storica di questo feneomeno sta nel fattoperchè un tempo esisteva una tassa sull’ampiezza di affaccio suIla strada, ma curiosamente anche edifici modernissimi vengono oggi costruiti ad Hanoi con la medesima caratteristica. I negozi, come è abitudine di molte metropoli asiatiche e sudamericane, sono per lo più piccoli e zeppi di roba,raggruppati in 36 strade per categoria merceologica , (la concorrenza perfetta!) e sono aperti fino a notte, le viuzze sono piene di piccoli banchetti in cui si cucinano alla buona e si servono riso, fritture, spiedini di carne, che si consumano su mini sgabellini di plastica disseminati intorno, non dissimilmente da quanto avviene in locali che è arduo definire ristorantini,ma l’atmosfera generale non è di miseria, ma di gradevole vivacità; alla sera poi in alcune parti dell’affollata città vecchia il traffico viene interdetto e dal nulla spunta un grandissimo mercato notturno dove si vende un po’ di tutto, e dove il pezzo forte sono gli oggetti di lacca e i tessuti di seta, nonchè zaini e giacconi della North face, alcuni taroccati, altri veri ma a prezzi molto buoni, perchè sono fabbricati proprio qui;è curioso notare che i vietnamiti ci tengono ad esaltare la qualità dei loro manufatti anche falsificati nel marchio, rispetto alle imitazioni cinesi di pessima qualità Tra le altre curiosità ci sono dei banchetti che vendonoper l’equivalente di 1 euro cartoncini augurali tridimensionali fatti a mano con un incredibile ricamo di carta a forma di vascello di tempio, di drago, di ruota panoramica ecc, che sbocciano appena si apre il cartoncino piegato in due..Quando alle 23.30 quasi per magia il mercato scompare in un attimo e le strade vengono riaperte all’esercito dei motorini, ho già accumulato più piccoli acquisti di quanti non dovrei farne nell’intero viaggio, perchè è la somma che fa il volume! A fianco della città vecchia, in contrasto con l’affastellamento delle sue viuzze, si staglia il largo specchio d’acqua del Lago della Spada restituita, che oggi 1 gennaio è tutto illuminato con decorazioni varie ed affollato di famiglie con bambini vestiti con abitini di ampio tulle a metà tra l’elegante e la maschera. Poi a mezzanotte anche qui si spegne tutto, e la città nel buio sembra un’altra cosa, è proprio il momento di dormire anche per noi.
Giorno 2- Hanoi
La prima tappa d’obbligo per visitare Ha Noi, nella piazza dove fu proclamata l’indipendenza del Paese, è il mausoleo di Ho Chi Minh, oggetto di venerazione ancor oggi per tutti i vietnamiti, che lo chiamano affettuosamente “zio Ho” (non padre, perchè non ebbe mai figli).In effetti Ho Chi Minh è stato veramente un personaggio di altissimo spessore e ha portato il Vietnam dapprima alla liberazione dall’impero fantoccio filocoloniale e alla proclamazione della repubblica comunista e poi alla vittoria contro i francesi e contro gli americani; era uomo di grande integrità morale e nonostante il suo ruolo pubblico era amante della vita semplic e modigerata, come dimostra la sua residenza, nel parco a fianco al mausoleo, che pur armoniosa è del tutto priva di sfarzo .Per visitare il mausoleo occorre fare una lunga fila, insieme a turisti ma anche a moltissimi vietnamiti, in particolare scolaresche,; il monumento è simile al mausoleo di Lenin a Mosca e anche a quello di Che Guevara a Cuba (l’internazionalismo socialista!), è un alto edificio di granito grigio in cui si trova la salma imbalsamata del Presidente in una bara di vetro tenuemente illuminata davanti alla quale tutti sfilano in silenzio. La residenza di Ho Chi Minh non è interessantissima dal punto di vista artistico, è bello però il parco nel suo insieme. Tra le cose interessanti vi’è anche una palafitta di legno in cui visse il Presidente durante la guerra contro gli americani, in quanto da lì era facile scappare in un attiguo bunker in caso di bombardamenti. Il monumento più bello di Hanoi è però sicuramente il Tempio della Letteratura. Costruito nel 1070 dall’Imperatore in onore di Confucio per l’istruzione dei suoi figli, divenne presto un’università da cui uscivano gli alti funzionari dell’ Impero, i mandarini e funzionò per oltre 8 secoli. Tutti gli elementi architettonici e le decorazioni figurative hanno significati allegorici volti ad esaltare la letteratura, la sapienza e l’aspirazione a migliorarsi che deve caratterizzare gli studenti. Ad es. la porta principale, la porta del cielo, reca al centro il motivo decorativo della carpa dragone; la leggenda narra che la divinità, per liberare il mondo da un qualche mostro che l’opprimeva, decise di inviare un dragone, e bandì una sorta di concorso per scegliere l’animale più adatto ad essere nominato drago, e solo l’umile carpa riuscì a superare le varie difficili prove (nuotare nell’acqua turbinosa, sovrastare le onde e saltare fino alla porta del cielo), così anche gli studenti devono imparare a mantenere l’umiltà ma ad affrontare tutte le prove con tenacia fino ad elevarsi ai limiti dell’impossibile. E ai limiti dell’impossibile doveva essere raggiungere il livello massimo di titolo accademico, se tutti i 1036 studenti che nei secoli ci riuscirono sono signolarmente ricordati solo su 82 lastre di pietra poggiate sul dorso di sculture di tartarughe, simbolo della sapienza. Il complesso ha grande fascino, si susseguono 5 cortili con giardini e laghi, ornati di sculture e splendidi bonzai, fino al tempio confuciano. E’ tradizione che gli studenti prima della laurea vadano a fare festosa visita al tempio della letteratura e così ho potuto vedere tanti gruppi di laureandi, le ragazze inparticolare con splendidi abiti tradizionali stretti e lunghi con lo spacco, rosa, azzurri o bianchi e rami di fiori di pesco (di plastica) in mano. Questi ragazzi hanno letteralmente preso d’assalto Giulietta per fare foto insieme a lei,risolvendo il problema della mia timidezza nel chiedere di poter fotografare loro! Per tutto il resto del viaggio la bambina ha continuato a comparire in centinaia di foto dei locali, è passata di braccio in braccio, ha rimediato baci su baci, regali di banane, giocattolini; penso che l’attrazione verso i bambini, che ho potuto riscontrare qui, come a Cuba e in generale nei paesi latino.amiericani e asiatici, mentre in america e in Europa i piccoli vengono guardati spesso con indifferenza o addirittura come elemento di potenziale disturbo, sia un segno di grande sanità e genuinità di valori e questo dovrebbe far riflettere.Abbiamo proseguito la visita della città con la Pagoda su un solo pilastro, un piccolo tempietto sopraelevato su un solo pilastro centrale, ristrutturato tante volte nei secoli che ora sembra una struttura su una trave di cemento armato, ma interessante perchè al suo interno si trova una statua di un “Buddha donna”, che abbiamo ritrovato in vietnam tante volte (mai invece in Thailandia), a cui si rivolgono le coppie in cerca di fertilità; è come se in Vietnam l’identità sessuale del Buddha si sia andata lentamente sfumando fino ad assurgere a immagine simbolicamente con forma cangiante e per questo più spirituale e meno feticistica nella venerazione; in generale mi è sembrato che in Vietnam, rispetto ad altri paesei asiatici, la religione si più intima e meno legata a folcloristici riti.Siamo stati poi a visitare il Museo Etnografico, dove si comprende la varietà delle etnie (ben 54) che compongono il Vietnam e anche le tradizioni di vita quotidiana, con oggetti, costumi, ricostruzione di ambienti; in particolare nel parco sono ricostruite a dimensione naturale tutte le abitazioni tipiche dei diversi villaggi, tra cui una soprendente casa con tetto alto quasi 20 metri in cui gli abitanti del villaggio si trovano per i momenti comunitari, ed un’altra casa modulare che si estende in lunghezza mano a mano che i figli si sposano.Come ultima tappa torniamo verso le rive del Lago della Spada Restituita, dove ci viene raccontata la leggenda che dà il nome al luogo.Nel 1400 un re vietnamita era impegnato in una guerra, tanto per cambiare, contro la Cina; il conflitto si protraeva con alterne vicende fino a quando dalle acque del lago sorse una tartaruga che offrì al re una spada; con essa il re sconfisse rapidamente il nemico, ma quando tornò la pace, mentre il re attraversava il lago, dalle acque emerse la tartaruga che reclamò indietro la spada; quando il re la gettò in acqua, essa vorteggiò nell’aria per posarsi poi sul guscio della tartaruga che si immerse di nuovo nelle acque lasciando spazio ad un lungo periodo di pace e prosperità del Paese. Ancora oggi nel lago abita una tartaruga gigante, una dei pochissimi esemplari rimasti al mondo, che si mostra ogni tanto e si dice porti fortuna a chi la vede; noi non abbiamo avuto questo privilegio, e per questo dovremo ritornare in Vietnam per riprovarci!In mezzo alle acque del lago c’è anche la torre della tartaruga e il Tempio di Giada, a cui si accede da un bel ponte rosso; sul percorso c’è anche una specie di forno da pizza che viene utilizzato nella ricorrenza dei morti dalle famiglie per bruciare miniature di oggetti di uso quotidiano o loro simulacri di carta (ad es. automobili, cellulari, elettrodomestici) perchè possano riceverli ed usarli nell’aldilà. Il legame con i defunti è molto forte in Vietnam, dove si crede che gli spiriti degli antenati, ma anche spiriti di animali e di forze della natura varie, vivano insieme agli uomini e proteggano le loro case; così davanti a tutte le abitazioni costruiscono una sorta di tempietti o altarini in miniatura in cui sono collocate dellle immagini di spiriti, a cui offrono frutta, incenso e bibite (dal più poetico the alle lattine di coca cola con cannuccia già inserita). A Giulia queste “case degli spiritelli”, come le chiama lei, piacciono tanto, e bisogna tenerla a bada perchè non cerchi di bere le tazzine lasciate in dono agli spiriti. Per terminare la giornata,abbiamo assistito allo splendido spettacolo de teatro delle marionette sull’acqua: accompagnate da musica e canti tradizionali, su uno specchio d’acqua si muovono, combattono e danza elaborate marionette dai colori sgargianti e dalle squame d’oro rappresentanti draghi, pesci, cigni, guerrieri e regine., mossi con una complessa rete di fili sotteranei da abili burattinai a mollo nell’acqua.
Giorno 3- Hanoi – villaggio di Van – villaggio di Nhot – distretto di Mai Chau
Lasciamo Hanoi alla volta del distretto di Mai Chau, una bella zona agricola a sud ovest della capitale. Si attraversano zone spettacolari che sembrano un quadro finto. Mentre nei paesaggi che siamo abituati a osservare in Italia le valli lascinao il posto alle colline e poi alle montagne frastagliate e articolate in catene, qui è come se alti e stretti panettoni ricoperti di verde spuntino da nulla in mezzo al piatto delle risaie. La pianura coltivata a riso si estende a perdita d’occhio, ma il paesaggio non è monotono perchè i colori sono vari e forti. Le risaie non sono latifondi ma piccolissimi campicelli, delimitati da canali d’acqua e ogni famiglia ne possiete due o tre. In queta stagione, che è la più fredda dell’anno (almeno normalmente, ma quest’anno anche qui i cambiamenti climatici si stanno facendo sentire e siamo a 20 gradi) molti contadini hanno raccolto e messo al caldo le piantine tenere da poco sbocciate, per rimetterle a dimora con i primi tepori dopo aver dissodato la terra; la situazione quindi è variegata, ci sono campi con la terra bruna che viene arata, altri che, zuppi d’acqua controluce appaiono argentati, altri in cui sono state appena rimesse a dimora le piantine di riso di un verde chiarissimo. Il lavoro nelle risaie è durissimo, i contadini seminano, raccolgono i germogli, li ripiantano uno per uno in posizione china,spesso seduti sulla pianta dei piedi o a mollo nell’acqua, protetti dal sole dai tipici cappelli di paglia a cono, che in effetti sono molto funzionali perchè riparano in qualsiasi ora del giorno e, come abbiamo sperimetnato, anche dalla pioggia. L’aratura avviene poi con aratri trainati da bufali, che amano l’acqua e volentieri fanno su e giù nei campi allagati, seguiti dal contadino che guida l’aratro, spesso in compagnia di un cane. Con tutti i bufali che si vedono, stranamente non ci sono buoni formaggi. La prima tappa è nel villaggio di Van, abitato dall’etnia dei Thai Bianchi. Ci fermiamo a pranzo presso una famiglia locale e passeggiamo per il villaggio, composto da casette in legno e muratura più che dignitose, e anche da un grande edificio che funge da luogo di ritrovo comune. Proseguiamo per il nostro ecolodge e da lì con le biciclette partiamo all’esplorazione del territorio; pedalare nelle pianure sotto il tepore primaverile è rilassante e tutti coloro che incontriamo sono gentili, sorridenti e disponibili. Attraversiamo così alcuni villaggi, tra cui quello di Nhot, in apparenza molto povero, costituita da palafitte di legno o casette con il primo piano di mattoni e il secondo di legno, con tanti deliziosi bimbi piccoli e le donne dedite alla tessitura della seta su telai manuali o all’autoproduzione di mattoni di cemento per le loro case in costruzione con una sorta di impastatrici con uno stampino.Per strada ci sono tanti cagnolini medio grandi con i loro cuccioli, che inizialmente mi inquietano, vista la mia patologica paura dei cani, ma che poi mi conquistano con la loro delcezza, e animali liberi di tutti i tipi, dalle papere alle bufale.
Visitiamo una casa a palafitta dove ci accoglie un’ anziana vedova, che ci offre anche un liquore fatto in casa con la fermentazione del riso, e ci mostra alle pareti le foto del marito in divisa da alto ufficiale dell’esercito vietnamita, pluridecorato, eppure la famiglia è rimasta a vivere nel suo umile villaggio di origine; la casa è una sorta di largo spazio vuoto, con un unico armadio e tanti materassi e coperte colorati che vengono stesi a terra per dormire la notte. Per le strade del villaggio incontriamo un uomo di mezz’età con evidenti problemi neurologici, ci dicono che è uno dei tanti vietnamiti colpiti dagli effetti di seconda generazione dell’uso dei diserbanti americani. Paere che ora il governo vietnamita stia trattando con gli USA per ottenere indennizzi ed assistenza sanitaria per la cura della popolazione che ha subito danni dall’uso di agenti chimici in guerra. Dopo queta bella pedalata, niente di meglio che un rilassante massaggio vietnamita. Trovo che in Vietnam i massaggi siano di gran lunga superiori ai tanto decantati massaggi thailandesi, un po’ troppo energici per i miei gusti; qui invece c’è molta maestria e delicatezza nel tocco lungo e impastante, ed in gran parte dei casi un’atmosfera molto armoniosa creata dagli ambienti di legno, le orchidee sparse, i profumi di incenso, gli olii essenziali usati. I prezzi sono circa un quarto di quelli italiani, e così raramente ci facciamo mancare al termine della giornata un bel momento di relax. Alla sera assistiamo ad un grazioso spettacolo di musica e danze tradizionali, il gruppo danzante e molto bravo e lo apprezzo ancor di più sapendo che si tratta di contadini dei dintorni, di giorno impegnati in duri lavori;del resto anche le danze sono tutte ispirate ai ritmi della vita contadina: i gesti richiamano la semina, la mietitura, la pesca e così via; anche Giulia viene scherzosamente coinvolta nel ballo e come suo solito non si fa pregare. Al termine ci viene offerto il vino di paglia “can”, bevuto da una specie di grolla comune con lunghe canne di giunco forate.
Giorno 4: distretto di Ninh Binh -Nho Quan – parco nazionale di Cuc Phuong- Tam Coc
Dopo aver visitato ancora un villaggio Muong (l’etnia più vicina alle popolazioni cinesi), ed esserci fermati ad un mercato locale per comprare un po’ di canna da zucchero da masticare per strada e del riso cotto conservato nell’incavo di canne di bambù, attraverso il paesaggio verdeggiante del ricco distretto agricolo di Ninh Binh ci dirigiamo verso Nho Quan e la meta più impegnativa, la riserva naturale di Cuc Phuong, una delle ultime grandi foreste primarie della pianeta. Coperta in grand parte dalla foresta pluviale primaria, non è solo un santuario geologico e naturalistico, ma anche un vero patrimonio culturale nazionale, territorio dell’etnia muong che ha stabilito qui alcuni villaggi su palafitte e che qui continua a vivere secondo antiche tradizioni. Siamo stati un po’ incerti fino all’ultimo se inserire o meno questa tappa nel nostro viaggio per via della bambina; perchè sappiamo che un trekking nella jungla è sempre una cosa impegnativa, anche siamo attrezzati con uno zaino da montagna portabambino che il papà si è generosamente offerto di portare sempre
lui; se la vegetazione è molto fitta spesso è necessario piegarsi, passare tra rami bassi, e occorre per di più coprirsi bene dagli insetti che pullulano negli ecosistemi molto umidi, anche se la malaria qui è quasi del tutto scomparsa. Alla fine però ci siamo risolti positivamente e devo dire che ne è valsa la pena. A Nho quan abbiamo visitato un centro per la salvaguardia delle scimmie e dei gibboni in pericolo, e abbiamo potuto ammirare esemplari di molte razze, in particolare alcune specie di gibboni che ormai si trovano solo in quel luogo, anche se l’emozione non è così forte perchè gli animali che si vedono sono protetti in grandi gabbie prima di essere liberati nella foresta; stessa delusione per il centro di salvaguardia delle tartarughe, dove non abbiamo potuto ammirare gli esemplari giganti che avevamo invece visto in Thailandia. Ma il trekking nella foresta è molto interessante; probabilmente causa del poco tempo a disposizione non abbiamo potuto addentrarci nelle zone più interne e fitte dei 220 km quadrati del parco, tuttavia abbiamo visto alti alberi millenari,liane e piante saprofite,un tifittissimo sottobosco di vari arbusti e di orchidee selvatiche, il luogo ideale per una strenua guerrigila come in effetti è stato; siamo giunti fino ad una grotta, raggiungibile attraverso una salita di molti e molti scalini dove furono trovate le sepolture di uomini preistorici, e dove la popolazione locale ha vissuto ancora, non solo per motivi di sicurezza, sino a dopo la guerra con gli americani; durante la guerra gli abitanti sono sopravvissuti per lunghi periodi cibandosi di lumachine locali e di erbe. Ci sarebbero tanti villaggi interessanti da visitare,ma il tempo è limitato e così ci avviamo per la notte ad est verso il lodge a Tam Coc, località che è solo una tappa di passaggio, non presentando di per sè nulla di interessante come città.
Giorno 5: Tam Coc – baia di Halong
Quasi costeggiando il mar della Cina torniamo verso nord, diretti a Vinh Halong, porticciolo di imbarcazione delle crociere nella famosissima baia di Halong, una splendida insenatura nel golfo di Tonchino dichiarata patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Lungo la strada ci fermiamo per visitare una coltivazione di perle con relativa fabbrica di gioielli; apprendiamo così le diverse varietà di perle e le tecniche per ottenere le preziose pietre. Queste sono coltivate innestando un millimetrico nucleo rigido di madreperla nella gonade dell’ostrica, attorno al quale si sviluppa la perla; è un vero e proprio intervento chirurgico di precisione, perchè solo un frammento sferico permette la formazione di una perla regolare di qualità, e successivamente le ostriche richiedono grandi cure, sono immerse in gabbie sott’acqua contenente sostanze nutrienti, ripulite e rigirate regolarmente, e le percentuali di riuscita non sono alte, circa il 20%, da cui la preziosità del prodotto. A fine mattinata ci imbarchiamo per una crociera su una “giunca”, una delle a dire il vero troppe grandi imbarcazioni di lusso che portano i turisti in giro per la baia. Lo spettacolo però è straordinario. Centinaia di alti faraglioni, vere e proprie montagne, si ergono dalle acque della baia, nel cui cuore si trova, su coloratissime palafitte in mezzo all’acqua, un villaggio di pescatori, che vivono della pesca di pesci e soprattutto molluschi e più in là una zona di fitti giunchi piantati nell’acqua tra cui si coltivano le ostriche da cui si ricavano le preziose perle. Il governo per il vero sta incoraggiando l’abbandono di questi insediamenti, che sia pure pittoreschi e ormai resi redditizi dal fitto turismo che si è sviluppato nella zona, sono pericolori per via degli tsunami che non di rado hanno colpito la zona. Lasciando la grande giunca per piccole stretti sampani, questi sì evidentemente di giunco, portati a remi in gran parte da donne, che si riparano dal solo con il solito tipico cappello a cono.giungiamo sino ad un arco naturale tra le rocce che lascia filtrare i raggi del sole al tramonto.Halong significa “là dove il dragone scende in mare”, e la leggenda narra che durante la guerra ancora una volta contro i cinesi, gli dei mandarono dei dragoni in soccorso dei vietnamiti, e queste creature sputarono gioielli che si trasformarono negli isolotti splendidi che affiorano dalla baia La cena a bordo della giunca, a base di pesce e crostacei è molto gustosa, e c’è anche tempo per un buon massaggio e per farmi decorare (per pochi dollari) le unghie con uno spettacolare minuzioso lavoro di nail art.
Giorno 6: baia di Halong – Danang
Sveglia all’alba per ammirare la baia sotto i raggi del sole nascente e per visitare alcune delle tante grotte che si aprono all’interno delle isole calcaree che disseminano la baia, ampie e dalle volte impreziosite da tante lucenti stallattiti. Verso l’ora di pranzo rientriamo in porto e ripercorriamo la strada sino ad Hanoi, dove salutiamo la nostra guida e voliamo verso il Vietnam centrale, destinazione Danang. Qui il nostro lodge è molto bello, ma ricadiamo nel nostro solito errore di pernottare una sola notte in ogni luogo e di partire presto, per cui non riusciamo mai a goderci un albergo in tutte le sue potenzialità.
IL VIAGGIO CONTINUA CON IL VIETNAM DEL CENTRO, VIENI CON NOI!
Hai descritto praticamente il nostro stesso giro in Vietnam fattto a capodanno di 6 anni fa! Che meraviglioso ricordo
Bello 🙂 mi hai fatto ripercorrere con la mente il mio viaggio in Vietnam nel 2013. Quant’è vera questa frase “attraversare la strada con andatura costante in modo che i motorini possano calcolare il punto di impatto e aspettare che,bontà loro, ci scanzino nella loro gimcana. ” – l’importante è non fermarsi, continuare a camminare ahahha vero